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BARESI A SACCHI: "SONO PRONTO"

Lavoro da spie: mentre gli azzurri che hanno giocato con la Bulgaria parlano alla stampa nella hall dell'albergo, i non utilizzati partono di buon mattino per l'ultimo allenamento "serio" alla Pingry, con Ancelotti e Pincolini a seguire il gruppo

15/7/94

BARESI A SACCHI: "SONO PRONTO"

I compagni lo vogliono in campo, lui forza i tempi: ma Pincolini è perplesso.

Dopo l'incontro di mercoledì, pellegrinaggio nella camera del capitano, che ieri ha sostenuto un allenamento particolarmente intenso. Cautela nello staff, soprattutto da parte del preparatore atletico, ma il rientro è possibile. Franco vuole giocare.

MARTINSVILLE - Lavoro da spie: mentre gli azzurri che hanno giocato con la Bulgaria parlano alla stampa nella hall dell'albergo, i non utilizzati partono di buon mattino per l'ultimo allenamento "serio" alla Pingry, con Ancelotti e Pincolini a seguire il gruppo. La seduta è a porte chiuse (chissà perchè), ma lo stimolo per trovare il modo di aprirle è lampante: come sta Franco Baresi?

Se già nei giorni scorsi si avvertivano dei "rumori" sul possibile rientro del capitano nella finale, dopo la (disastrosa) perdita di Costacurta le voci diventano di ora in ora più pesanti. Sacchi in conferenza stampa, frena parecchio; in campo, invece, Baresi accelera, dando la sensazione di spingere a tavoletta sull'acceleratore per sottoporre il suo motore alle verifiche più robuste prima di prendere una decisione.
E la risposta è positiva, tanto che Franco, prima di salire sull'aereo per Los Angeles, avvicina il ct e lo informa della disponibilità a scendere in campo dal primo minuto domenica. Voci riservate riferiscono che Pincolini sia ancora perplesso, e il ct azzurro sostanzialmente si fida di lui.
Ma non è facile dire no a Franco Baresi, specie dopo la perdita di Costacurta. L'allenamento inizia alle 9, davanti al campo ci sono due poliziotti: uno è cattivo, l'altro cattivissimo. Quello cattivissimo invita senza grandi giri di parole a tornarcene da dove siamo venuti, quello soltanto cattivo, che per fortuna è il capo, dice che bisogna stare al di là del tendone che dista un centinaio di metri dal campo.
Ma dietro al tendone c'è un piano rialzato, e appollaiati lassù la visuale si rivela perfetta, Baresi baresi oltre ogni limite  come si dice in gergo, fa tutto: torello tre contro sette, schemi difensivi con Signori e Zola ad attaccare, corsette e scatti vari, perfino cinque tremendi minuti di gabbia.

Ancelotti intervalla con il campetto-trappola il lavoro del preparatore atletico componendo le seguenti squadre: Marchegiani, Minotti, Massaro, Signori e Baresi da una parte, Bucci, Evani, Tassotti, Apolloni e Zola dall'altra.

La gabbia si chiama così perchè le sue pareti impediscono al pallone di fuggirsene via dando un attimo di respiro agli uomini: sfera sempre in giro e polmoni strizzati. In queste condizioni anche cinque minuti sono un inferno e Baresi li attraversa senza scottarsi: anzi, è proprio un suo gol, quello vincente del 2 - 1 dopo le marcature di Massaro e Zola (bellissimo pallonetto) a chiudere le ostilità.

 Un gol voluto: il capitano dopo aver ciccato una conclusione riguadagna la palla sull'altro lato con grande determinazione, e al secondo colpo Baresi non fallisce.

Prima di raggiungere la Pingry School, il dottor Ferretti, traumatologo azzurro, ha detto:" Se la finale fosse in programma oggi mandare in campo Baresi sarebbe un grave rischio, perchè non si sarebbe certi della sua tenuta sui novanta minuti. Il problema non è il ginocchio, perfettamente guarito, ma la situazione muscolare generale di chi ha interrotto per alcuni giorni, e passando per un'operazione, la sua preparazione.

Stiamo lavorando insieme a Pincolini proprio per questo, abbiamo ancora tre giorni di tempo, per ora la decisione può aspettare." La prudenza è logica, ma intanto Franco lavora perchè il miracolo si compia; ci ha sempre creduto, altrimenti non avrebbe accettato l'operazione lampo in una clinica di New York.

La squadra ha fatto la sua parte sopravvivendo fino alla finale di domenica contro il Brasile; gli ultimi giorni della scommessa sono ora nelle sue mani.

E Ancelotti, dopo un dribbling di Zola al capitano, grida "Franco non mollare, vai ancora". Parole che sembrano valere anche in senso generale.

Alle 10.10 arrivano al campo Matarrese con la moglie e la figlia."Questo è l'eroe nostro". Declama il presidente federale nel presentare Pincolini; qualche risata, si avvicinano anche Ancelotti, lo psicologo Vianello, il massaggiatore Pagni, il dottor Ferretti. L'allenamento è ormai finito, e anche da cento metri di distanza è facile immaginare cosa stia chiedendo Matarrese a Baresi nel breve conciliabolo che si svolge fra i due prima che i feroci poliziotti della Pingry s'inteneriscano e chiedano ai dieci azzurri e a Matarrese una foto ricordo di gruppo.

Neanche il tempo della doccia, il pullman con gli azzurri rientra subito all'hotel. Baresi non dice nulla.

La speranza può quindi crescere, all'esterno come all'interno del gruppo azzurro. A questo proposito, Roberto Mussi racconta un particolare illuminante: "Mercoledi sera, prima che suonasse il silenzio, siamo andati un pà tutti in pellegrinaggio in camera di Franco per chiedergli di farcela.

Lui non ci ha promesso niente, è da quando ha ripreso ad allenarsi che i suoi discorsi sono comprensibilmente pieni di se e di ma, però intanto sta sempre meglio e mi sembra di capire che l'unico dubbio sia ormai legato alla sua condizione di forma, visto che il ginocchio è perfettamente guarito. Ma lui ci crede, e noi anche di più. Riaverlo sarebbe fondamentale.

Paolo Condò Gazzetta dello Sport

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