Vedo che, come molti piemontesi, hai un cognome squisitamente lombardo e me ne compiaccio.
Passo poi ad ammonirti che io ho straveduto per Riva solo quando l'ho capito: e debbo ammettere che questo è avvenuto per me come per Fabbri e gli altri l'anno seguente i Mondiali d'Inghilterra (1966).
Riva è stato un grandissimo attaccante: al punto che da solo ha avallato un modulo detto all'italiana che senza di lui avrebbe perso soltanto in potenza.
A questo proposito, ho avuto grande piacere quando Marione Pennacchia, da me detto «can de triffola», è andato a Barcellona e vi ha intervistato Johan Cruijff.
L'asso olandese è molto intelligente: interrogato sul modulo difensivista, egli ha detto che è valido come tutti gli altri, a patto che disponga per il contropiede di grandissimi giocatori, capaci di ridurre al minimo gli errori, e dunque di approfittare di quasi tutte le rare occasioni offerte dal modulo.
Credo che sia interpretazione perfetta: non altro si poteva dire dell'apporto di Riva alla squadra azzurra: ed è per questo che io posso ancor oggi affermare che uno come lui non sia mai nato nel calcio italiano.
Egli ha esasperato le qualità di Piola che aveva due piedi ma non valeva per lo scatto e neanche per le doti acrobatiche.
Piola si è innestato di forza nel telaio di Pozzo, che era greve e arcigno in difesa ma sacrificava troppo allo stile in prima linea.
Senza Piola, Pozzo non avrebbe rivinto a Parigi.
Del pari, senza «rombo di tuono», Valcareggi non sarebbe andato ai Mondiali 1970 e forse neppure ai Mondiali 74.
Riva ha sempre cavato scottantissime castagne dal fuoco. Adesso ha l'età nella quale per solito i grandi sfondatori dotati di stile arretrano a fare gioco: lui non ci ha mai pensato, pur avendo fatto, all'occorrenza, il difensore e il centrocampista.
Fossi Suarez, senta ben qua, metterei Riva centravanti arretrato e farei stare avanti due giovani capaci di agilità e di slanci coraggiosi. Se non sono male informato, nel Cagliari c'è qualcuno che mugugna perché Suarez seguita a pretendere che la squadra imposti per Riva come se non fossero mai passati tanti anni.
Io sono certo che Riva, senza essere un toccatore di fino, farebbe cose utili per le punte giovani e segnerebbe da fuori come non può mai più aspettando la palla in area.
Savoldi mi è sembrato sempre un grande in potenza: ma gli mancava qualcosa per emergere: fosse, chissà? la squadra, forse il piede, che ha buono ma non elegante.
L'ultima stagione al Bologna l'ha vissuta male: e io l'ho visto anche ritrarsi nelle partite esterne.
L'ho definito «piedone di faggio» ma non esito ad ammettere che l'eleganza sia soltanto una componente della classe. Ora Savoldi è dotato di formidabile stacco: e anche questo conta nell'economia del gioco di squadra: riuscire a tener buoni tutti i lanci a spiovere in area avversaria significa arricchire di almeno il doppio gli schemi offensivi.
Ho già letto di Savoldi che nel Napoli riesce a fare il Charles: mi sembra già un apporto molto considerevole: se poi è vero che usa bene anche i piedi per smistare e aprire il gioco, allora Vinicio può essere fiero di avere sfiorato lo scandalo per acquistare tanto centravanti.
Io debbo ancora vedere Savoldi e andrò prima a (Roma, per l'Olanda, e poi a Napoli per il Milan: alla lunga, confido di farmi un'idea completa della sua entità tecnico-agonistica.
Per il momento mi sono limitato ed è già segno di stima a impiegare per lui il titolo di «bergheimer», prima conferito al solo Domenghini.
Smettiamola, dunque, di rimpiangere Riva e confidiamo che Savoldi e Pulici siano suoi degni eredi.
Con una precisazione finale: che il folgorante sinistro di Riva manca più a Savoldi che a Pulici: il «rombo di tuono» non è stato coniato per nulla: è sorto dalla mia enfasi perché la sua era degna di botti che soleva esplodere il gran mancino del Cagliari.