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QUELLA MATTINA A TRAVAGLIATO

franco e beppe baresi dal primo derby a oggi modi di essere, nils liedholm fa debuttare baresi, gianni rivera che lo convince a farlo debuttare oggi festeggia i diciassette anni

QUELLA MATTINA A TRAVAGLIATO
20 aprile 1995

Se tutto ha un inizio, il nostro piccolissimo ricordo va alla villetta appena fuori Travagliato dove i fratelli Baresi, in una mattina di nebbia, ci aspettavano alla vigilia del loro primo derby su trincee contrapposte.
Beppe era più disinvolto, più a suo agio: aveva alle spalle due anni con l'Inter, sapeva come ci si comportava davanti ad una domanda.
Franco era identico a ora tranne che nel numero dei capelli: lo stesso sguardo scettico, la tendenza ad esprimersi con monosillabi.
Prima di ogni risposta, dava un'occhiata veloce alla sorella che aveva fatto da mamma e da papà e che in quel autunno del '78 vegliava sui due cuccioli già lanciatisi sulle strade del mondo.
Domenica Franco festeggerà i suoi diciassette anni nel Milan: esordì a Verona proprio un 23 aprile '78. Era stato Rivera a convincere Liedholm che bisognava puntare su quel diciasettenne baciato dalla grazia, che era il più bravo nelle partite di Milanello.
Naturalmente mastro Nils si sarebbe poi aggiudicato ogni merito come accadde con Paolo Maldini, frutto prelibato di Cesare, destinato al Milan sin dalla culla, persino più precoce di Rivera nel vestire la maglia rossonera: esordì a 16 anni e mezzo.
Erano gli anni di Farina. Il Milan aveva alle spalle le due traumatiche retrocessioni e lo scandalo scommesse dell'80, stava per lambire le soglie del fallimento, ma dentro crescevano i germogli di quelli che passeranno alla storia del calcio come i vecchi Draghi, Maldini, infatti, si affacciò in una squadra dove oltre a Baresi, già Capitano correvano e sbuffavano Evani detto "Chicco" per i capelli a caschetto che ricordavano una famosa, a quel tempo pubblicità dei bambini, Tassotti, detto "ragazzo di borgata" che era il titolo di un articolo con cui la "Gazzetta" l'aveva presentato quand'era arrivato alla Lazio in cambio di Bigon, e poi Filippo Galli che Liedholm aveva ribatezzato il nuovo Rosato e di riflessi Costacurta e Albertini, mentre Capello era l'unico a immaginare il proprio futuro di gloria pur se le incombenze del momento lo portavano a girovagare con allievi e pulcini per i campi della periferia.
Pure Liedholm preparò il domani concimando con i secondi rudimenti della zona, i primi li aveva sparsi ai tempi dello scudetto della stella.
Insomma il terreno era pronto per l'avvento di Berlusconi, di Sacchi, degli olandesi. La favola poteva cominciare e siamo qui a raccontare l'ennesimo capitolo, quello che a dicembre non ci saremmo aspettati.
A questo punto come non ritenere che l'hurrah di ieri sera si soltanto il penultimo? Che per l'ultimo c'è sempre tempo, anche se Vienna dovesse riservare un'altra gioia, dopo quella del '90 contro il Benfica?
Godiamocelo questo gruppo che raccoglie la terza finale consecutiva regalando a Capello un'altro record. Con quella del 24 maggio, saranno cinque in sette stagioni, otto nel lungo cammino della coppa Campioni.
Appena un gradino sotto il Real che deteneva questo primato anche nella primavera dell'89 quando il Milan gli dette una lezione di gioco al Bernabeu prima di disintegrarlo a San Siro. Fu l'annuncio del nuovo....
Alfio Caruso
Dalla Gazzetta dello Sport 
 

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